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CRONACA DEGLI ULTIMI AVVENIMENTI POLITICI ITALIANI

DAL GIORNALE CORRIERE DELLA SERA

http://www.corriere.it

Dalla pg. Del Corriere del 23 Gennaio

http://www.corriere.it/politica/08_gennaio_23/camera_attesa_napolitano_voto_fiducia_d9a09856-c985-11dc-97c6-0003ba99c667.shtml

Prodi ottiene la fiducia alla Camera

"Romano deciso ad andare avanti"

A Montecitorio 326 voti a favore. Al Senato però i numeri non bastano all'esecutivo. I diniani si spaccano

L'aula di Montecitorio (Ansa)

ROMA - Il governo incassa la fiducia alla Camera (dove era scontata, visti i numeri della maggioranza), ma la decisione di alcuni senatori di non sostenere l'esecutivo a Palazzo Madama complica ancor di più, dopo lo strappo dell'Udeur, la situazione per il governo. A questo punto almeno fino a giovedì, Romano Prodi, che ha cenato con il presidente del Senato Marini, non rassegnerà le dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Con cui si è sentito al telefono alla fine della giornata. Massimo riserbo però sulla valutazione del Presidente della Repubblica sulla crisi espressa al capo del governo.

ATTESO GIOVEDI' AL QUIRINALE - Il presidente del Consiglio in ogni caso si recherà giovedì dal Presidente della Repubblica prima dell'inizio del dibattito al Senato. Secondo quanto riferito dai partecipanti alla cena tra il premier e il presidente del Senato, Prodi andrebbe dal Presidente della Repubblica con l'intenzione di ribadire la volontà di completare la parlamentarizzazione della crisi andando al voto di fiducia in Senato, ma anche con la piena disponibilità ad ascoltare i consigli del Capo dello Stato.

DECISIONE - Intanto ai giornalisti, che lo accompagnavano in una passeggiata con il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, al termine della cena avuta a palazzo Giustiniani con il presidente del Senato e che gli chiedevano quale fosse il suo stato d’animo il premier rispondeva: "Sono sereno". E alla successiva domanda: "sta ancora riflettendo sulla possibilità di chiedere la fiducia ai senatori?" il capo del governo replicava: "Ho già riflettuto, la decisione la saprete domani".

VOTO DI FIDUCIA - Che tutto si sarebbe concluso in una maniera o nell'altra giovedì si era capito dopo il voto di fiducia alla Camera (passato con 326 voti a favore e 275 contrari), quando alcuni ministri del governo, come Emma Bonino e Barbara Pollastrini, avevano assicurato che "Prodi è convinto ad andare avanti: se si parlamentarizza la crisi di governo si va fino in fondo". Rosy Bindi è stata più sibillina: "Oggi - spiega - è successo un fatto nuovo". "Si riferisce all'Udeur che non ha partecipato al voto"? chiedono i cronisti. "Mica è una cosa da niente..." risponde l'esponente del Pd.

I NUMERI AL SENATO - Proprio a Palazzo Madama si giocherà la partita decisiva. La discussione e il voto sono tutt'ora in calendario per giovedì pomeriggio, ma i numeri non sono dalla parte del premier. Prima Domenico Fisichella, poi anche i Liberaldemocratici di Lamberto Dini (con l'esclusione di Natale D'Amico) hanno annunciato il loro voto contrario. Con l'Udeur che, contrariamente a quanto fatto alla Camera dove non ha partecipato alla votazione, ha ribadito il suo no alla fiducia. Conti alla mano, dunque, a questo punto il governo sarebbe destinato ad andare sotto. La mancanza di una maggioranza politica, avrebbe indotto - secondo alcune interpretazioni - il capo dello Stato a consigliare a Prodi di evitare un'inutile forzatura. L'ipotesi delle dimissioni sarebbe stata presa in considerazione anche dal Partito Democratico: fonti interne al partito hanno spiegato che "oltre alle parole del Presidente della Repubblica, che invitava a non perdere l'occasione di fare riforme condivise, ci sono anche i numeri che ad oggi non permetterebbero di ottenere la fiducia". Una ricostruzione che viene però rigettata con forza dal vice segretario, Dario Franceschini: "È quasi umiliante dover smentire una delle tante bufale che girano in queste ore. Il Pd da tempo sostiene convintamente le scelte di Prodi e tutto il resto sono invenzioni prive di ogni fondamento".

ATTACCHI AL PD - In aula, però, il Pd ha dovuto subire le frecciate di alcuni alleati. Per il segretario del Pdci, Oliviero Diliberto, "il nemico più insidioso" dell'esecutivo è stato proprio il partito di Walter Veltroni. Posizione condivisa da Roberto Villetti, capogruppo dei Socialisti alla Camera: "È stato Veltroni ad aprire la crisi". Cesare Salvi, Presidente dei senatori di Sinistra Democratica, nota che "dopo Fisichella, anche Dini, un altro padre fondatore del Partito Democratico, si è messo contro il governo confermando, purtroppo, la nostra analisi: è da lì che viene la destabilizzazione".

LA CDL - Visti i numeri, l'opposizione chiede le dimissioni immediate. Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi auspica che "il presidente del Consiglio vada direttamente al Quirinale", considerando che non c'è più la "maggioranza politica". L'ex premier rivela inoltre che l'Udeur di Mastella (la cui decisione di lasciare la maggioranza ha innescato la crisi) "confluirà nel centrodestra". Secca la smentita dell'ex Guardasigilli: "L'Udeur non confluirà da nessuna parte - ha dichiarato Mastella - Le nostre scelte sono e saranno sempre di centro". Durissimo l'intervento in aula di Gianfranco Fini: "Il mercato a Palazzo Chigi non è un tentativo di concussione?" chiede il leader di An, che poi aggiunge: "Si apra la crisi e torni la parola agli elettori che in democrazia sono sovrani". Per Umberto Bossi "o si va al voto oppure facciamo la lotta di liberazione. Ci mancano un po' di armi, ma prima o poi quelle le troviamo". Più tardi, a "Porta a Porta", Bossi aggiunge che "se facevano il federalismo potevamo anche votare per loro, e da cosa nasce cosa. Oggi non più perché non possono chiederci i voti ora che sono con l'acqua alla gola". Anche Pier Ferdinando Casini chiede a Prodi di ripensarci, di evitare il passaggio al Senato e andare direttamente al Quirinale. Per il leader dell'Udc, però, la legislatura può essere ancora salvata. "Penso che Prodi abbia un'ottima opportunità di cambiare strada, quella di dirottare l'autista da Palazzo Madama al Quirinale. Non è facile trovare una soluzione, ma ogni spazio per il prosieguo della legislatura – ha spiegato Casini a Prodi - sarà ostruito dalla sua ostinazione a non dimettersi prima del voto al Senato. Non si può pensare a un secondo tempo di questa legislatura se non si eviterà questo inutile rito".